Trasporto eccezionale per una meravigliosa scultura da Anagni a Viterbo. Nei prossimi mesi verrà sottoposta a un delicatissimo restauro presso l’Università della Tuscia.
Allestimento scenografia di “Le avventure di un povero cristiano” nel Duomo di Città di Castello
Ieri abbiamo partecipato all’allestimento della scenografia de “Le avventure di un povero cristiano” del 1968. Sarà visibile presso il Duomo di Città di Castello fino al 10 novembre, in occasione delle celebrazioni per gli ottocento anni dalle stimmate di San Francesco.
Sulle ali dell’anima. MUVIT Torgiano
Nuova mostra allestita presso il Muvit della pittrice Anne Donnelly.
Sulle ali dell’anima, di Anne Donnelly, è un viaggio che si dipana tra quattro diversi cammini che giungono allo stesso traguardo: una visione, personale ed intima, della realtà e della vita. Un percorso di trentacinque opere, tra olii su carta e su tela e disegni ad inchiostro, dislocate lungo l’itinerario museale in un dialogo continuo tra antico e contemporaneo.
Paesaggi dai colori tenui, racconto di natura incontaminata e priva della presenza dell’uomo, luoghi dell’anima per eccellenza, fatti di luce e colore, fanno eco alla serie di ritratti che mostrano il delicato sguardo dell’artista, attenta e ispirata nel raccontare volti. Sono anime di personaggi senza tempo e senza spazio, presenti nel mito come nel contemporaneo, nella realtà come nell’immaginario. Le creature di Anne Donnelly sono sospese tra cielo e terra, tra la libertà del volo e l’anelito ad esso. Cigni, gabbiani, tacchini, galline e oche divengono racconto e imago dei diversi stati dell’anima. Chiudono l’esposizione i disegni, istantanee che colgono, con occhio sincero e curioso, dettagli, persone e scene di vita di campagna, da sempre e per eccellenza, rifugio dalla frenesia della vita urbana e culla dell’otium.
Conclusione progetto Welfare Culturale “Come ti spiego Burri” presso Fondazione Burri
Il 30 settembre 2024 si è concluso il progetto di welfare culturale, che ha visto coinvolti ragazzi provenienti dal CSM (Centro di Salute Mentale) e della cooperativa La Rondine di Città di Castello, per la costituzione di un gruppo di guide inclusive e per la realizzazione della nuova audioguida per gli EX Seccatoi del Tabacco in Comunicazione Aumentativa Alternativa.
Ringraziamo tutti i partecipanti e gli enti che hanno preso parte al progetto per la straordinaria disponibilità.
Linee Guida PR FESR 21-27 def WebDownload






L’intervento è stato realizzato con il sostegno dei Fondi PR – FESR 2021-2027 – Priorità 1 – OS 1.3. – Azione 1.3.4. Bando per il sostegno dei progetti nel settore del welfare culturale – anno 2023. CUP G18C23001560006
Abbiamo effettuato i trasposti delle opere per la mostra: “Inizio fine. Rotondo. Tutte le cose del mondo”, di Chiara Camoni.
Inizio fine. Rotondo. Tutte le cose del mondo è la mostra che l’artista Chiara Camoni ha pensato per
il Piano Nobile di Palazzo Collicola in occasione della 67a edizione del Festival dei Due Mondi. Il titolo, simile a una cantilena o a una filastrocca, anticipa l’andamento della mostra, fondato su circolarità, accumulazioni e reiterazioni, con le opere che accompagnano il visitatore attraverso le sale in un’atmosfera sognante e ancestrale, popolata da spiriti, divinità, anime e animali. Richiami al mondo naturale e vegetale – costantemente presenti nella produzione di Camoni – si incontrano con il fasto delle sale di Palazzo Collicola, in un dialogo inedito che vede la presenza di un corpo di lavori quasi interamente realizzati per l’esposizione. Il Piano Nobile e le opere dell’artista stringono così un’alleanza speciale: la relazione con lo spazio architettonico viene sottolineata da un’installazione nata dall’assemblaggio di diversi materiali che, “strisciando” nelle sale, scandisce il percorso della mostra.
Allestimento mostra: “I Vinogatti” di Andrzej Kot, presso MUVIT di Torgiano.
OT KOT dal polacco “Solo un gatto” è il titolo della divertente e insolita mostra di arte grafica in programma al MUVIT dal 25 maggio al 7 luglio 2024. Una rassegna retrospettiva dedicata all’artista e designer Andrzej Kot (Polonia-Lublino, 21 novembre 1946 – 17 febbraio 2015) presente con suoi ex libris nella raccolta a tema del MUVIT (fu vincitore del secondo Concorso Internazionale di Ex Libris organizzato e indetto dal Museo del Vino nel 1987). Curata da Jaroslaw Koziara, artista amico di Andrzej Kot, e dalla Fondazione Lungarotti, la mostra propone una selezione inedita di opere incentrate sul suo soggetto prediletto – il gatto – realizzato in centinaia di fantasiose raffigurazioni sul filo dell’ironia, in molteplici casi in connubio con il vino, da cui l’idea I VINOGATTI. Diverse le curiosità che legano l’Artista all’affascinante felino dalle antiche origini: il suo cognome “KOT” significa “gatto” o, insolita coincidenza, la data della sua morte, il 17 febbraio in cui ricorre la Giornata Internazionale del Gatto, o, ancora la facciata commemorativa a lui dedicata in occasione dei 700 anni della fondazione della sua città, Lublino, dove sono stati graffiti i suoi “gatti”.
Fonte inesauribile di ispirazione, il misterioso animale è declinato in innumerevoli interpretazioni, mutandosi in alfabeti, calendari, giochi da tavola o trasformandosi in numero, allegoria, contenitore di versi. È onnipresente in compagnia di altri animali, mitologiche creature, grifi, sirene ed enigmatiche figure umane o, spesso, è esso stesso rappresentato in sembianze antropomorfe come negli ex libris dedicati al Museo del Vino.
Intento della Fondazione Lungarotti è costruire mostre a partire dalle collezioni permanenti del MUVIT, come nella recente esposizione su Duilio Cambellotti, originata appunto da alcune sue opere esposte al Museo: le creazioni di Kot hanno così sollecitato l’idea di questa curiosa mostra a Torgiano. Un suo VINOGATTO in cenno augurale di brindisi, proprio a conferma di questo richiamo, ha perfino ispirato l’etichetta della nuova linea di vini monovarietali Lungarotti.
Universo animale e arte tipografica convivono armoniosamente nelle numerose sperimentazioni di Kot tese ad una costante ricerca di nuovi font e di diverse forme e simbologie. Opere singole e multipli, dove ogni tratto è sintesi e leggerezza.
L’iniziativa si inserisce tra le attività celebrative dei cinquanta anni del MUVIT a testimonianza del profondo legame dell’Artista lublinese con il Museo attestato da una copiosa corrispondenza intercorsa negli anni con la Direttrice, Maria Grazia Marchetti Lungarotti, e da numerose creazioni grafiche ispirate al vino e realizzate per il MUVIT.
Trasporto e allestimento mostra: NATURA/UTOPIA
NATURA/UTOPIA: l’arte tra ecologia, riuso e futuro è la nuova mostra di Fondazione Perugia. Attraverso le opere di tredici artisti provenienti da tutto il mondo, il progetto vuole proporre un percorso sui temi legati alla natura e all’ecologia interpretati dalla lente dell’arte contemporanea.
Fondazione Perugia presenta la mostra NATURA/UTOPIA: l’arte tra ecologia, riuso e futuro a cura di Marco Tonelli, che dal 23 aprile al 3 novembre 2024 animerà le sale di Palazzo Baldeschi con un percorso e un allestimento che intende raccontare le quanto mai attuali tematiche del rapporto dell’uomo con la natura e il suo futuro.
L’ispirazione intorno cui ruota questa ricerca è la leggendaria repubblica di Utopia immaginata nel XVI secolo dall’umanista inglese Thomas More nel suo omonimo racconto, dove la protagonista è una terra connessa al reale ma anche indipendente, non un miraggio ma un mondo possibile. Allo stesso modo l’arte contemporanea è una sorta di isola felice, dove tutto è sostenibile perché aumenta la ricchezza del mondo, sia a livello di forme che di pensiero.
Il ruolo dell’arte, infatti, non è quello di risolvere i problemi, ma di rappresentarli a proprio modo, re-immaginandoli in un ambito specifico, dove tutto è possibile, secondo le regole del linguaggio delle forme, del pensiero estetico, del concetto della creatività artistica.
Così nella mostra NATURA/UTOPIA: l’arte tra ecologia, riuso e futuro l’arte serve a far riflettere su questioni legate all’ecologia, al rapporto tra uomo e natura, alla sostenibilità, al riuso dei materiali, alla riprogettazione dello spazio di vita degli esseri umani in rapporto all’ambiente naturale. Per farlo sono stati scelti 13 artisti protagonisti della scena culturale italiana ed europea, statunitense e provenienti da contesti extraeuropei, come il Camerun e il Mozambico, artisti che hanno fatto del concetto di utopia, riuso, progetto e natura la loro poetica di base fin dagli anni ‘60, ognuno con le proprie caratteristiche specifiche come dimostrano le opere scelte per il percorso espositivo realizzate con materiali tradizionali ma anche inaspettati e innovativi.
Si incontrano quindi autori ormai storicizzati come Gianfranco Baruchello, che tra gli anni ’70 e ’80 con la creazione di Agricola Cornelia S.p.A. aveva lavorato la terra come fosse un’opera d’arte, Ugo la Pietra, che ha da sempre usato l’architettura per riflettere sulle contraddizioni e le relazioni tra natura e città, e Piero Gilardi che ha fatto dell’ecologia uno dei temi portanti del proprio lavoro e che con i suoi tappeti natura ha trasformato in quadri delle sezioni di natura stessa.
Giuseppe Penone è uno dei più importanti artisti italiani dagli anni ’60 ad oggi che ha da sempre lavorato sulla e attorno alla natura ed in mostra è rappresentato da Struttura del tempo, dove il bronzo della struttura testimonia il profondo legame che esiste tra la fusione e la crescita vegetale; anche Davide Benati e Nicola Toffolini utilizzano media tradizionali per i loro studi, uno prediligendo la pittura che sublima le iconografie della natura e uno il disegno con cui realizza paesaggi di mondi utopici dove tutto sembra riportarci a una condizione futuribile; Paolo Canevari ha fatto del riuso dei materiali un tratto distintivo del suo lavoro come testimoniato dalla serie in mostra, Black Pages, dove antiche cornici dorate custodiscono come reliquie fogli di giornale ricoperti di olio di motore combusto; Loris Cecchini indaga tematiche legate all’ambiente inteso come spazio di (ri)adattamento tra bisogni umani e nuovi materiali creando sculture con materiali insoliti dove emerge la sperimentazione tecnica nella realizzazione, mentre Giuliana Cunéaz crea ambienti di grande coinvolgimento attraverso l’uso di opere digitali e interattive con videoproiezioni e screen paintings, modellazione 3D e Intelligenza Artificiale.
Il continente africano è presente in mostra con le opere di Gonçalo Mabunda, artista del Mozambico, le cui maschere realizzate con proiettili, granate, fucili, bossoli come materiali di riuso da una parte evocano feticci, totem e copricapi rituali, dall’altra sembrano caricature di volti antropomorfi e meccanizzati che richiamano la sanguinosa guerra civile che devastò il suo paese; originario del Camerun è Pascale Marthine Tayou che crea installazioni ambientali utilizzando buste di plastica colorate, non riciclate ma nuove, come se il loro consumo e degrado fosse stato evitato e congelato in opera d’arte.
Kaarina Kaikkonen è la più importante e riconosciuta artista finlandese contemporanea e lavora esclusivamente con abiti di riuso e di recupero, in prevalenza camicie maschili: opere che sono una riproduzione virtuale di corpi assenti, abiti vuoti che conservano la memoria del corpo che li ha indossati portando su di loro ancora le storie e i vissuti di persone che probabilmente non ci sono più. Infine peter campus,pioniere della video art, che porta in mostra due video che rappresentano un momento molto particolare nella ricerca dell’artista all’interno di sé, cercando nella natura la guarigione dalla psiche ferita.
Riuso, utopia, progetto, natura e futuro sono le parole attorno a cui ruota la ricerca di tutti questi artisti, in momenti storici e luoghi del mondo diversi, ma accomunati da una lettura ecosofica ed ecoestetica del mondo.
“La mostra, lontana dal voler testimoniare contenuti ideologici, esprime la necessità di render centrale l’opera e la poetica degli artisti prima ancora che le ricadute a livello sociale e politico, pur avendo tutte le opere esposte relazioni con contesti storici attuali se non addirittura legati a ciò che potrebbe riservarci il futuro, con le sue incertezze e inquietudini, promesse e opportunità – afferma il curatore Marco Tonelli – L’unica risposta possibile alle ansie della nostra epoca è l’opera d’arte non come soluzione o risarcimento, ma pratica autonoma immaginifica, separata ma non indifferente dal reale, proprio come l’isola di Utopia, un paradiso utopico distaccato dal resto del mondo ma allo stesso tempo una proiezione di ciò che esso potrebbe essere”.
Nel percorso espositivo non poteva mancare uno spazio dedicato a un celebre film considerato dalla critica un vero e proprio manifesto ecologista: Il pianeta azzurro, opera del regista Franco Piavoli, premiata al Festival Internazionale del Cinema di Venezia nel 1982 e definita dal grande regista russo Andrej Tarkovskij un “poema, viaggio, concerto sulla natura, l’universo, la vita. Un’immagine diversa da quella sempre vista. Vero e proprio anti-Disney”. L’opera video, della durata totale di 1 ora e 20 minuti, che in mostra si potrà fruire anche in una sintesi di cinque minuti, è un poema in immagini dedicato alla vita, al nostro ecosistema, al pianeta terra, nostro unico e fragile habitat naturale; si apre con una citazione dal De Rerum Natura di Lucrezio, e racconta, pur senza uso di parole e trama, il ciclo della natura che si intreccia con quello umano, in un susseguirsi di immagini e suoni ripresi dal vivo e di grande suggestione poetica, bellezza e malinconia.
“Le mostre d’arte possono essere un potente strumento di sensibilizzazione e interpretazione del presente – afferma Cristina Colaiacovo, Presidente di Fondazione Perugia – Posti di fronte alle infinite strade della creatività, i visitatori esplorano nuove prospettive, visioni e soluzioni, è ciò è particolarmente vero rispetto al tema dell’ambiente e del futuro dell’umanità. Siamo grati al curatore e ai tanti artisti che hanno contribuito con le loro opere a un progetto espositivo innovativo, affascinante e straordinariamente attuale. Questa mostra è un tributo alla natura e alla sua bellezza, un messaggio tangibile del nostro costante impegno per un avvenire realmente sostenibile”.
A corredo della mostra è presente il catalogo curato da Marco Tonelli, edito da Fabrizio Fabbri Editore e realizzato in carta riciclata.
Il progetto di allestimento, realizzato per l’80 per cento con materiali di recupero, è a cura di Giuseppe Trivellini.
Allestimento mostra dei Musei Lungarotti presso Vinitaly.
Abbiamo allestito una stupenda mostra con le opere provenienti dai Musei Lungarotti all’interno di Vinitaly.
Burri: Tempere 1947-1990
Per questa mostra Atlante Servizi Culturali si è occupata sia delle realizzazione delle cornici delle Opere, che dell’allestimento e delle visite guidate.
Nell’ambito delle iniziative promosse dalla Fondazione Burri rivolte a celebrare l’anniversario della nascita del Maestro – 109° anno – martedì 12 marzo alle ore 18 sarà inaugurata la mostra “BURRI: Tempere 1947-1990” presso gli spazi adibiti a mostre temporanee degli Ex Seccatoi del Tabacco a Città di Castello.
L’evento espositivo, incentrato sulla pittura a tempera di Burri, annovera oltre cento opere, molte delle quali mai osservate prima dal vasto pubblico e conservate dall’artista tra le opere di piccolo e medio formato, disegni e opere grafiche, realizzate nel corso della sua quarantennale produzione.
La mostra, nel suo percorso, rivela la straordinaria assiduità di Burri nell’esercizio del colore e nel magistero delle consonanze cromatiche, spesso innovative negli accostamenti, ritenuti non conformi ai principi di armonia canonica.
L’inedita visione di numerose opere presenti in mostra rivela altresì non solo la quotidiana azione spesa nel raggiungimento di esiti sorprendenti, ma altresì la frequente attitudine di trasporre dalle piccole misure alle grandi l’invenzione delle forme e delle composizioni delle immagini.
Per la mostra è prevista la pubblicazione di un catalogo con un saggio critico di Bruno Corà, presidente della Fondazione, con la pubblicazione integrale di tutte le opere esposte in mostra munite di schede scientifiche e apparati bio-bibliografici.
Mostra Giulio Cesare e Francesco Bedeschini. Disegno e invenzione all’Aquila nel Seicento, Munda Aquila.
Abbiamo effettuato i trasporti, l’allestimento e realizzato i modelli tiflodidattici per la mostra “Giulio Cesare e Francesco Bedeschini. Disegno e invenzione all’Aquila nel Seicento” presso il @munda_museonazionaledabruzzo.
La mostra dedicata a Giulio Cesare (1582-1627) e Francesco Bedeschini (1626-1699), padre e figlio, pittori aquilani del XVII secolo, organizzata dal Museo nazionale d’Abruzzo in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Aquila e la Fondazione Carispaq, aperta al pubblico dal 1° dicembre 2023 al 3 marzo 2024 presso il MuNDA, può essere considerata uno sguardo in bianco e nero sul Seicento centro-italiano, indagato da un osservatorio decentrato, ma peculiare.
Essa parte da una piccola raffinata esposizione sul solo Giulio Cesare, tenutasi nel 2014 a Colonia, che ha consacrato la fama di questo disegnatore ad un vasto pubblico, per ampliarsi con la possibilità di confrontare i disegni dell’artista aquilano con le opere pittoriche e giunge ad allargare lo sguardo, attraverso il figlio Francesco, a tutto il XVII secolo.
Si tratta del primo evento monografico dedicato in Italia ai due artisti e, dopo un progetto di ricerca pluriennale e condiviso tra gli attori organizzatori, approfondisce temi capitali della cultura abruzzese del XVII secolo: le ventate artistiche che giunsero da Firenze e Roma sino alle pendici del Gran Sasso, l’arte controriformata prima, il disegno d’ornamento e l’invenzione barocca poi, sono le istanze culturali portate avanti da questa famiglia di pittori che dominò incontrastata la scena all’Aquila, città dove il loro capostipite scese al seguito di Margherita d’Austria (1572) dai domini di Parma e Piacenza. Uno sguardo attraverso circa 70 opere, anche in bianco e nero, perché la mostra è principalmente di disegni e stampe, ma anche di dipinti, maioliche e documenti. Per l’occasione il Museo Nazionale d’Abruzzo ha restaurato quattro grandi opere custodite nei depositi, S. Giacomo Maggiore, Madonna del Rosario, San Trofimo di Arles, Ritratto di Agatone I, e ha acquisito il disegno Madonna del Carmine con Santi, eseguito da Giulio Cesare con inchiostro bruno acquerellato e tracce di matita nera e rossa, costruito attraverso la caratteristica tecnica del montaggio di ritagli di fogli.
L’esposizione è volta infatti a mettere in risalto da un lato la tecnica del “cut & paste”, una sorta di taglia e incolla che consiste nel progettare prove grafiche attraverso la giustapposizione di ritagli di carta disegnati, sviluppatasi soprattutto in Toscana quale pentimento, che diventa in Giulio Cesare pura invenzione, collage; dall’altro il ruolo del figlio Francesco, artefice barocco a tutto tondo, inventore, architetto, direttore del teatro, uomo di governo, che ci ha restituito, attraverso molteplici fogli e studi -pochi rispetto ai 131 libretti e album citati nel suo testamento e oggi dispersi-, la visione di una città che fu spazzata via dal terribile terremoto del 1703.