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Documentario e visita guidata.

Siamo entusiasti di annunciare che “I fiori della Ginestra”, documentario del regista Francesco Fabbri e prodotto da Anonima Impresa Sociale, è in concorso al PerSO – Perugia Social Film Festival! Vi aspettiamo lunedì 6 ottobre, alle ore 15:30, al Nuovo Cinema Méliès di Perugia per la proiezione ufficiale. 

La Ginestra è un centro diurno in Umbria che ogni giorno accoglie persone con problematiche legate alla salute mentale. Tra ottobre e dicembre 2024, alcuni utenti della struttura hanno partecipato a un laboratorio di arteterapia, guidato da Camilla Urso. Da questo intenso percorso è nato il documentario, in parte girato dagli stessi protagonisti.  

Atlante ha avuto il piacere di accompagnare i partecipanti alla scoperta degli Ex Seccatoi del Tabacco di Città di Castello, all’interno degli splendidi spazi della Fondazione Burri. Un progetto corale, nato dall’incontro di tante voci e sensibilità, che ci riempie di orgoglio. Grazie a tutte le persone che hanno reso possibile questa avventura! 

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Tutti i colori della Galleria. Esperienze nell’arte per le famiglie

(Novembre 2024 – Maggio 2025)
Nel contesto del più ampio progetto di welfare culturale promosso dalla Galleria Nazionale dell’Umbria e dal Comune di Perugia, a partire da dicembre 2024 ha preso avvio un ciclo di appuntamenti mensili dedicati alle famiglie, incentrati sull’esplorazione creativa del patrimonio museale attraverso il linguaggio del colore. L’iniziativa, che ha visto la collaborazione tra il Museo Nazionale di Perugia e il Comune, nasce come prosecuzione e consolidamento delle attività precedentemente sviluppate dall’Ufficio Servizi Educativi della Galleria in collaborazione con Atlante Servizi Culturali, il cui successo ha dimostrato il bisogno, il desiderio e il valore di uno spazio culturale capace di rendere protagoniste le famiglie, che sappia parlare a tutte le generazioni.

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Trasporto e allestimento mostra: NATURA/UTOPIA

NATURA/UTOPIA: l’arte tra ecologia, riuso e futuro è la nuova mostra di Fondazione Perugia. Attraverso le opere di tredici artisti provenienti da tutto il mondo, il progetto vuole proporre un percorso sui temi legati alla natura e all’ecologia interpretati dalla lente dell’arte contemporanea.

Fondazione Perugia presenta la mostra NATURA/UTOPIA: l’arte tra ecologia, riuso e futuro a cura di Marco Tonelli, che dal 23 aprile al 3 novembre 2024 animerà le sale di Palazzo Baldeschi con un percorso e un allestimento che intende raccontare le quanto mai attuali tematiche del rapporto dell’uomo con la natura e il suo futuro.

L’ispirazione intorno cui ruota questa ricerca è la leggendaria repubblica di Utopia immaginata nel XVI secolo dall’umanista inglese Thomas More nel suo omonimo racconto, dove la protagonista è una terra connessa al reale ma anche indipendente, non un miraggio ma un mondo possibile. Allo stesso modo l’arte contemporanea è una sorta di isola felice, dove tutto è sostenibile perché aumenta la ricchezza del mondo, sia a livello di forme che di pensiero.

Il ruolo dell’arte, infatti, non è quello di risolvere i problemi, ma di rappresentarli a proprio modo, re-immaginandoli in un ambito specifico, dove tutto è possibile, secondo le regole del linguaggio delle forme, del pensiero estetico, del concetto della creatività artistica.

Così nella mostra NATURA/UTOPIA: l’arte tra ecologia, riuso e futuro l’arte serve a far riflettere su questioni legate all’ecologia, al rapporto tra uomo e natura, alla sostenibilità, al riuso dei materiali, alla riprogettazione dello spazio di vita degli esseri umani in rapporto all’ambiente naturale. Per farlo sono stati scelti 13 artisti protagonisti della scena culturale italiana ed europea, statunitense e provenienti da contesti extraeuropei, come il Camerun e il Mozambico, artisti che hanno fatto del concetto di utopia, riuso, progetto e natura la loro poetica di base fin dagli anni ‘60, ognuno con le proprie caratteristiche specifiche come dimostrano le opere scelte per il percorso espositivo realizzate con materiali tradizionali ma anche inaspettati e innovativi.

Si incontrano quindi autori ormai storicizzati come Gianfranco Baruchello, che tra gli anni ’70 e ’80 con la creazione di Agricola Cornelia S.p.A. aveva lavorato la terra come fosse un’opera d’arte, Ugo la Pietra, che ha da sempre usato l’architettura per riflettere sulle contraddizioni e le relazioni tra natura e città, e Piero Gilardi che ha fatto dell’ecologia uno dei temi portanti del proprio lavoro e che con i suoi tappeti natura ha trasformato in quadri delle sezioni di natura stessa.

Giuseppe Penone è uno dei più importanti artisti italiani dagli anni ’60 ad oggi che ha da sempre lavorato sulla e attorno alla natura ed in mostra è rappresentato da Struttura del tempo, dove il bronzo della struttura testimonia il profondo legame che esiste tra la fusione e la crescita vegetale; anche Davide Benati e Nicola Toffolini utilizzano media tradizionali per i loro studi, uno prediligendo la pittura che sublima le iconografie della natura e uno il disegno con cui realizza paesaggi di mondi utopici dove tutto sembra riportarci a una condizione futuribile; Paolo Canevari ha fatto del riuso dei materiali un tratto distintivo del suo lavoro come testimoniato dalla serie in mostra, Black Pages, dove antiche cornici dorate custodiscono come reliquie fogli di giornale ricoperti di olio di motore combusto; Loris Cecchini indaga tematiche legate all’ambiente inteso come spazio di (ri)adattamento tra bisogni umani e nuovi materiali creando sculture con materiali insoliti dove emerge la sperimentazione tecnica nella realizzazione, mentre Giuliana Cunéaz crea ambienti di grande coinvolgimento attraverso l’uso di opere digitali e interattive con videoproiezioni e screen paintings, modellazione 3D e Intelligenza Artificiale.

Il continente africano è presente in mostra con le opere di Gonçalo Mabunda, artista del Mozambico, le cui maschere realizzate con proiettili, granate, fucili, bossoli come materiali di riuso da una parte evocano feticci, totem e copricapi rituali, dall’altra sembrano caricature di volti antropomorfi e meccanizzati che richiamano la sanguinosa guerra civile che devastò il suo paese; originario del Camerun è Pascale Marthine Tayou che crea installazioni ambientali utilizzando buste di plastica colorate, non riciclate ma nuove, come se il loro consumo e degrado fosse stato evitato e congelato in opera d’arte.

Kaarina Kaikkonen è la più importante e riconosciuta artista finlandese contemporanea e lavora esclusivamente con abiti di riuso e di recupero, in prevalenza camicie maschili: opere che sono una riproduzione virtuale di corpi assenti, abiti vuoti che conservano la memoria del corpo che li ha indossati portando su di loro ancora le storie e i vissuti di persone che probabilmente non ci sono più. Infine peter campus,pioniere della video art, che porta in mostra due video che rappresentano un momento molto particolare nella ricerca dell’artista all’interno di sé, cercando nella natura la guarigione dalla psiche ferita.

Riuso, utopia, progetto, natura e futuro sono le parole attorno a cui ruota la ricerca di tutti questi artisti, in momenti storici e luoghi del mondo diversi, ma accomunati da una lettura ecosofica ed ecoestetica del mondo.

La mostra, lontana dal voler testimoniare contenuti ideologici, esprime la necessità di render centrale l’opera e la poetica degli artisti prima ancora che le ricadute a livello sociale e politico, pur avendo tutte le opere esposte relazioni con contesti storici attuali se non addirittura legati a ciò che potrebbe riservarci il futuro, con le sue incertezze e inquietudini, promesse e opportunità – afferma il curatore Marco Tonelli – L’unica risposta possibile alle ansie della nostra epoca è l’opera d’arte non come soluzione o risarcimento, ma pratica autonoma immaginifica, separata ma non indifferente dal reale, proprio come l’isola di Utopia, un paradiso utopico distaccato dal resto del mondo ma allo stesso tempo una proiezione di ciò che esso potrebbe essere”.

Nel percorso espositivo non poteva mancare uno spazio dedicato a un celebre film considerato dalla critica un vero e proprio manifesto ecologista: Il pianeta azzurro, opera del regista Franco Piavoli, premiata al Festival Internazionale del Cinema di Venezia nel 1982 e definita dal grande regista russo Andrej Tarkovskij un “poema, viaggio, concerto sulla natura, l’universo, la vita. Un’immagine diversa da quella sempre vista. Vero e proprio anti-Disney”. L’opera video, della durata totale di 1 ora e 20 minuti, che in mostra si potrà fruire anche in una sintesi di cinque minuti, è un poema in immagini dedicato alla vita, al nostro ecosistema, al pianeta terra, nostro unico e fragile habitat naturale; si apre con una citazione dal De Rerum Natura di Lucrezio, e racconta, pur senza uso di parole e trama, il ciclo della natura che si intreccia con quello umano, in un susseguirsi di immagini e suoni ripresi dal vivo e di grande suggestione poetica, bellezza e malinconia.

Le mostre d’arte possono essere un potente strumento di sensibilizzazione e interpretazione del presente – afferma Cristina Colaiacovo, Presidente di Fondazione Perugia – Posti di fronte alle infinite strade della creatività, i visitatori esplorano nuove prospettive, visioni e soluzioni, è ciò è particolarmente vero rispetto al tema dell’ambiente e del futuro dell’umanità. Siamo grati al curatore e ai tanti artisti che hanno contribuito con le loro opere a un progetto espositivo innovativo, affascinante e straordinariamente attuale. Questa mostra è un tributo alla natura e alla sua bellezza, un messaggio tangibile del nostro costante impegno per un avvenire realmente sostenibile”.

A corredo della mostra è presente il catalogo curato da Marco Tonelli, edito da Fabrizio Fabbri Editore e realizzato in carta riciclata.

Il progetto di allestimento, realizzato per l’80 per cento con materiali di recupero, è a cura di Giuseppe Trivellini.

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Trasporto allestimento e visite guidate per la mostra “Sguardi su Perugino Dall’età moderna al contemporaneo”.

Dal 28 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024 la GNU accoglie una preziosa esposizione di incisioni e disegni, che segue le alterne vicende della fortuna del “meglio maestro d’Italia” in età moderna e contemporanea. 

Allestita nella nuova exhibition box, lungo il percorso dell’esposizione permanente, in prossimità della sala con i capolavori di Perugino, il percorso si compone di 25 opere divisi in tre sezioni, tra incisioni, disegni e un dipinto inedito proveniente dall’Ambasciata del Brasile a Roma.  

A questi lavori si affianca una sezione virtuale che consta di due filmati: il primo offre la possibilità di sfogliare l’intero album di disegni di Tommaso Minardi esposto in vetrina; l’altro propone una selezione di opere ispirate da Perugino, dall’Ottocento fino ai nostri giorni, dai Preraffaelliti agli artisti francesi, per giungere a quegli artisti che sono stati protagonisti negli scorsi anni delle iniziative organizzate dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, da Brian Eno a Roberto Paci Dalò ad altri.

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Trasporti e allestimento della mostra “Nero Perugino Burri”

La ricorrenza del 500° anniversario della morte del Perugino è un’occasione per riscoprire questo incredibile artista in modo innovativo e coinvolgente.

In questa prospettiva, dal 21 giugno al 2 ottobre a Palazzo Baldeschi, in Corso Vannucci a Perugia, sarà in mostra non una semplice esposizione, ma un vero e proprio dialogo tra due dei maggiori artisti di origine umbra: Pietro Vannucci e Alberto Burri.  

Due grandi maestri accumunati dal suggestivo utilizzo del fondo nero per le loro opere,capaci di dar vita ad una mostra del tutto inedita. Una vera novità nel panorama espositivo, in cui il visitatore potrà fare esperienza del confronto tra arte rinascimentale e contemporanea.

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Saranno circa 20 le opere esposte, accuratamente selezionate dai due curatori della mostra, la storica dell’arte Vittoria Garibaldi e il Presidente della Fondazione Burri Bruno Corà.

Grazie alla collaborazione con la Fondazione Burri, che ha messo a disposizione le opere dell’artista tifernate, e agli importanti prestiti di prestigiosi musei, a partire dalla Galleria Nazionale dell’Umbria fino alla Galleria degli Uffizi e al Museo del Louvre, è stato possibile creare un percorso espositivo coinvolgente che fa emergere i tratti comuni di due artisti pari per grandezza e solo apparentemente distanti. 

Per questa mostra Atlante Servizi Culturali si è occupata del trasporto delle opere di Alberto Burri e dell’allestimento.

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Visite guidate alla mostra “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo”

Il 2023 sarà ricordato come l’anno del Perugino.

Dal 4 marzo all’11 giugno 2023, in occasione del V centenario della sua morte, la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia celebra con una grande mostra, curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli, Pietro Vannucci (1450 ca.-1523), il più importante pittore attivo negli ultimi due decenni del Quattrocento.

Volendo fare di sua mano Lui è il meglio maestro d’Italia. Con queste parole, in una lettera inviata da Roma a Siena il 7 novembre 1500, il banchiere Agostino Chigi presenta Pietro Perugino al padre Mariano, cogliendo con sorprendente capacità di sintesi due aspetti fondamentali della sua produzione: la straordinaria qualità e la presenza, che sarebbe diventata preminente, dell’intervento di collaboratori.

Che Pietro di Cristoforo Vannucci da Castel della Pieve fosse considerato il più grande pittore attivo negli ultimi due decenni del Quattrocento è comprovato da molte altre fonti dell’epoca: tuttavia questo primato inizia gradualmente a dissolversi. Se si presta fede al Vasari, il giro di boa è segnato dalla presentazione al pubblico fiorentino, nel 1507, della pala destinata all’altare maggiore della basilica della Santissima Annunziata. Un clamoroso insuccesso, di fronte al quale un perplesso Perugino, quasi sessantenne, si difende dichiarando la sua impotenza di fronte a mutamenti del gusto ormai al di fuori della sua portata: Io ho messo in opera le figure altre volte lodate da voi e che vi sono infinitamente piaciute. Se ora vi dispiacciono e non le lodate, che ne posso io?, avrebbe commentato.

Molto probabilmente le numerose opere prodotte in questa estrema propaggine della sua attività, anche grazie all’aiuto di una bottega industriosissima, hanno inciso in modo considerevole nella valutazione della statura del Vannucci, non solo da parte dei contemporanei, ma anche e soprattutto dei posteri.

Lo scopo principale di questa mostra è quello di recuperare la giusta prospettiva, per restituire a Perugino il ruolo che gli avevano assegnato il suo pubblico e la sua epoca.

Da qui, la scelta di individuare per il progetto espositivo solo dipinti del Vannucci antecedenti al 1505, anno nel quale sono già portate a compimento tre commissioni che segnano l’apice della sua carriera: la Crocifissione della Cappella Chigi in Sant’Agostino a Siena, la citata Lotta fra Amore e Castità già a Mantova e soprattutto lo Sposalizio della Vergine per la cappella del Santo Anello del Duomo di Perugia, oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen.

Un’ulteriore riflessione suscitata dall’immagine dell’artista che la critica ci ha consegnato sottende il secondo registro di lettura della mostra. La tendenza, cioè, a parlare spesso del pittore in abbinamento ad altri grandi maestri del suo tempo: l’allievo di Verrocchio, il maestro di Raffaello, il compagno di studi di Leonardo. Questo spunto ha fornito l’occasione per riflettere in maniera più compiuta sul ruolo che Pietro ha effettivamente svolto nel panorama artistico contemporaneo. 

Nell’indagare entrambi i filoni di ricerca, si è imposta subito come necessità quella di procedere sulla base di una geografia, che segue di tappa in tappa gli spostamenti del pittore o delle sue opere attraverso l’Italia. È sorprendente, infatti, come Perugino abbia lasciato tracce profonde del suo magistero in tutte le località della penisola toccate dalla sua attività, da nord a sud, a iniziare ovviamente dall’Umbria e dalla Toscana, teatri per eccellenza del suo lavoro, nonché sedi delle sue botteghe di Perugia e Firenze.

L’obiettivo finale è quello di recuperare lo sguardo dei contemporanei, e di tornare a vedere in Pietro Perugino un protagonista assoluto del Rinascimento, quale fu per almeno due decenni.

L’esposizione, dal titolo “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo”, restituirà all’artista il ruolo che il pubblico e la sua epoca gli avevano assegnato, presentando i suoi maggiori capolavori, tutti antecedenti al 1504, nel momento in cui si trovava all’apice della sua straordinaria carriera.

La mostra darà conto, nella maniera più completa possibile, dei passaggi fondamentali del suo percorso: dalle prime collaborazioni nella bottega di Andrea del Verrocchio alle capitali imprese fiorentine che fecero la sua fortuna (come ad esempio le tre tavole già in San Giusto alle Mura, oggi nelle Gallerie degli Uffizi, o la Pala di San Domenico a Fiesole); dagli straordinari ritratti alle monumentali pale d’altare, quali il Trittico Galitzin, ora alla National Gallery di Washington, e il Polittico della Certosa di Pavia, per gran parte alla National Gallery di Londra ed eccezionalmente ricomposto per l’occasione.

Per questo importante evento espositivo Atlante Servizi Culturali si è occupata delle visite guidate.

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Visite guidate e laboratori didattici alla Galleria Nazionale dell’Umbria.

Anche quest’anno i nostri operatori saranno presenti in Galleria Nazionale a Perugia per condurre visite guidate e laboratori didattici sia all’esposizione permanente, sia alla mostre temporanee.

Siamo stati coinvolti in numerosi progetti come il FaMu (Famiglie al museo) e nell’ideazione di numerosi laboratori per bambini di ogni età soprattutto la prima domenica di ogni mese.

Se siete interessati a partecipare seguite i nostri canali social per restare aggiornati sulle nostre attività.

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PIRANESI nelle collezioni della Galleria Nazionale dell’Umbria

Dal 30 settembre 2022 all’8 gennaio 2023, la Galleria Nazionale dell’Umbria ospita la mostra PIRANESI nelle collezioni della Galleria Nazionale dell’Umbria.

L’esposizione presenta 61 incisioni tratte dalla serie delle Vedute di Roma appartenenti al museo perugino.

Completa la rassegna il film d’animazione 3D Piranesi, Carceri d’Invenzione 300 anni realizzato da Grégoire Dupond con la musica di Teho Teardo.

a cura di Carla Scagliosi

L’esposizione, curata da Carla Scagliosi, responsabile delle collezioni moderne e contemporanee della Galleria, celebra il genio visionario del grande architetto, incisore e teorico veneziano, attraverso una selezione di 61 incisioni all’acquaforte dedicate alle bellezze antiche e moderne di Roma e dei suoi dintorni tratte dai due volumi delle Vedute di Roma, scelte tra le più rappresentative del suo percorso di ricerca e della sua evoluzione stilistica, formale e tecnica.

Nessuna altra opera come le Vedute di Roma, infatti, accompagna Piranesi durante tutta la sua vita e copre simbolicamente ogni aspetto della sua produzione, rimarcando le sue straordinarie capacità inventive, tecniche, prospettiche, nonché il vastissimo immaginario che sottende alle sue “ossessioni” archeologiche e antiquarie, ma anche visionarie e fantastiche.

Si riescono così ad apprezzare le caratteristiche pittoriche delle vedute, con l’ampia tavolozza di neri e grigi che dimostra la perfetta padronanza della tecnica dell’acquaforte, nonché a cogliere il sempre più evidente interesse di Piranesi per l’antico e per la ricerca antiquaria, divenuto oggetto via via sempre più preponderante delle tavole, tanto da spingere l’artista fino a Villa Adriana, alla quale avrebbe voluto dedicare un’intera opera rimasta soltanto un desiderio.

Le Vedute forgeranno e tramanderanno per secoli l’aspetto di una Roma filtrata attraverso il genio dell’autore e ne diffonderanno la fama in tutta Europa. La città, còlta nel suo malinconico declino e nell’abbacinante convivenza di presente e passato, con i ciclopici monumenti antichi e le grandiose, magniloquenti, architetture moderne, popolata da piccolissime, frenetiche e anonime presenze, condensa tutte le caratteristiche che contraddistinguono le grandi capitali moderne, attraverso la visione anticipatrice di un artista che rivendica il ruolo fondamentale della “licenza” e dell’immaginazione per la creazione di un’arte che rispecchi la propria epoca.

Programmata per il 2020 e poi rimandata a causa dell’emergenza pandemica, la mostra dedicata a Giovanni Battista Piranesi in occasione del terzo centenario della sua nascita (1720-2020) segna un’importante tappa del Progetto Piranesi avviato negli ultimi anni dalla Galleria Nazionale dell’Umbria.

Nel biennio 2018-2020, il museo perugino ha promosso un’importante campagna di restauro delle opere su carta delle sue collezioni, tra le quali le circa 140 incisioni raccolte nei due volumidelle celebri Vedute di Roma disegnate ed incise da Giambattista Piranesi architetto veneziano, per le finalità della conoscenza, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio museale e delle opere custodite nei depositi.

Il delicato restauro ha restituito la perfetta leggibilità delle incisioni e dato avvio alla loro digitalizzazione e immissione nel vasto archivio digitale della Galleria Nazionale dell’Umbria, nonché al progetto di studio e di ricerca sulle opere di Piranesi conservate in Galleria, che comprendono anche il volume Antichità d’Albano e di Castel Gandolfo descritte ed incise da Giovambatista Piranesi, le cui tavole saranno oggetto di una prossima campagna d’interventi conservativi.

Per questa mostra Atlante servizi culturali si è occupata del ripristino degli ambienti, dell’allestimento e delle attività didattiche.

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Al tempo di Canova. Un itinerario umbro

In occasione del bicentenario di Antonio Canova, Perugia rende omaggio al maestro con un’esposizione-itinerario che si snoda tra Palazzo Baldeschi e il MUSA, Museo dell’Accademia di Belle Arti.
L’Umbria celebra Canova dal 6 luglio 2022, a Perugia, pressp il MUSA, museo dell’Accademia di Belle Arti e Palazzo Baldeschi al Corso con un’ampia rassegna dedicata al grande scultore nel bicentenario della morte: “Al tempo di Canova. Un itinerario umbro”.

Due sedi espositive nel centro storico cittadino per un progetto di ampio respiro promosso dall’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” e dalla Fondazione Perugia, già impegnate in passato in iniziative condivise, e curato da Stefania Petrillo, docente dell’Università di Perugia. Per l’Accademia di Belle Arti la parte organizzativa è stata coordinata da Giovanni Manuali, per la Fondazione Perugia da Maria Cristina De Angelis.

Incentrata sul nucleo dei gessi canoviani conservati al MUSA, museo dell’Accademia di Perugia – tra i quali Le tre Grazie, donate dallo stesso scultore nel 1822 – l’esposizione valorizza il contesto artistico e culturale entro cui queste opere si inserirono, raccontando un’Umbria inscritta in più ampie dinamiche e in una vivace rete di relazioni.

«Formano catena e collezione», spiegava Canova a Napoleone nel 1810 per dissuaderlo dal sottrarre altri capolavori all’Italia, sottolineando l’importanza del legame che si stabilisce tra le opere e i luoghi “originari”. Questa l’idea-guida della esposizione perugina che punta a evidenziare ciò che orbita tra Sette e Ottocento intorno ai “Canova umbri”: un tessuto connettivo vitalizzato da un incessante scambio con l’“Università delle arti” che è Roma e da una circolazione delle idee e del gusto che inserisce la regione in una più vasta comunità delle arti, delle lettere, del pensiero.

Tante le novità presenti in questa rassegna concepita come un viaggio nel tempo, con oltre cento opere che racconteranno “le arti sorelle” fiorite in un’epoca che pur tra i grandi sconvolgimenti della Storia, o forse proprio per questo, coltivò il Bello: scultura, architettura, pittura, anche nell’Umbria pontificia e napoleonica furono partecipi di quella «felice rivoluzione delle arti» che ebbe in Canova il protagonista assoluto.

Tra gli artisti presentati in mostra, insieme a Canova, Giuseppe Valadier, Vincenzo Pacetti, Carlo Labruzzi, Pietro Labruzzi, Cristoforo Unterperger, Abraham-Louis-Rodolphe Ducros, Stefano Tofanelli, Tommaso Maria Conca, Pietro Benvenuti, Vincenzo Camuccini, Jean-Baptiste Wicar, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.

Gloria e mito di un’epoca che al culto dell’Antico unì la passione per le sue sublimi invenzioni, Canova, il “classico moderno”, fu acclamato da pontefici, sovrani, accademie e collezionisti di tutta Europa. Nel portentoso raggio della sua attività e della sua influenza, lo scultore, che in Umbria fu proprietario di un palazzo a San Gemini con vasti possedimenti, stabilì non effimere relazioni anche con molti esponenti del ceto dirigente locale, intellettuali, alti prelati, collezionisti, in una comune visione dell’arte come fattore di educazione ai valori estetici e civili più alti.

L’itinerario dell’esposizione – reale e ideale – avrà così piccole e grandi “stazioni di posta” intorno ad opere e protagonisti di una stagione culminata nel legame particolarmente influente che Canova ebbe tra il 1812 e il 1822 con l’Accademia di Belle Arti di Perugia, di cui orientò le scelte, appoggiando la nomina di direttori quali Carlo Labruzzi, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.

Sette sono le sezioni tematiche: L’Umbria pontificia, La stagione napoleonica, Il paesaggio, Canova e l’Accademia di Belle Arti di Perugia, «Un’altra linea di bello»: verso il Purismo, Le incisioni, L’eredità di Canova.

La vera sorpresa della mostra arriva però da una delle opere lasciate in eredità all’Accademia dal fratellastro di Canova, Giovanni Battista Sartori, la colossale testa del cavallo, modello del monumento equestre a Ferdinando I di Borbone, una delle ultime opere del grande scultore, “riscoperta” in questa occasione: verrà esposta a palazzo Baldeschi in un inedito confronto con la testa del cavallo del Marco Aurelio, il calco fatto eseguire e preso a modello da Canova (oggi a Ravenna).

Per questa mostra Atlante servizi culturali si è occupata dei trasporti e dell’allestimento.

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“Sempre la cappa a rovescio” Convegno internazionale di studi su Cristofano Gherardi

Convegno volto a restituire a Cristofano Gherardi, artista che operò tra la fine degli anni trenta e i primi anni cinquanta del Cinquecento, il posto che merita nella storia dei linguaggi figurativi con un convegno internazionale di studi che coinvolgerà la natìa Sansepolcro, Città di Castello, il Castello Bufalini di San Giustino giovedì 5 maggio, venerdì 6, sabato 7.

Nelle tre giornate di studio si avvicenderanno e confronteranno i maggiori esperti dell’artista nonché giovani studiosi che tratteranno temi che vanno dall’eredità di Raffaello all’articolazione della bottega del Vasari, dal contesto storico-artistico altotiberino della prima metà del Cinquecento all’esegesi delle fonti.

Allo stato attuale delle ricerche sembra che il punto cardinale per la ricostruzione della specifica fisionomia stilistica del pittore sia rappresentato dai cicli che ornano ben sette ambienti del Castello Bufalini di San Giustino. Si tratta di affreschi che saranno restaurati entro la fine di quest’anno e restituiti alla pubblica fruizione.

All’ importante iniziativa, promossa dalla Direzione regionale musei dell’Umbria (direttore Marco Pierini, direttore scientifico Veruska Picchiarelli), hanno aderito i Comuni di Città di Castello, San Giustino e Sansepolcro, co-organizzatori del Convegno nonché la Regione Umbria e la Regione Toscana, che hanno concesso all’iniziativa il loro patrocinio, con il supporto di Atenei universitari (Camerino, Chicago, Firenze, Genova, Ginevra, Perugia, Pisa, Roma Tre, Siena-UniStra, Venezia-Ca’ Foscari, Temple University Rome), Soprintendenze, musei (Galleria Nazionale dell’Umbria, Musei Vaticani, Museo Civico di Sansepolcro, Museo del Duomo di Città di Castello, Pinacoteca Civica di Palazzo Vitelli alla Cannoniera di Città di Castello), Diocesi (Città di Castello, Sansepolcro).

Il convegno inizierà il 5 maggio 2022, alle 14,30, al Museo civico di Sansepolcro per spostarsi il 6 maggio 2022, alle 9.30, a Città di Castello, Palazzo Vitelli, Sant’Egidio, Sala dei fasti, e concludersi il 7 maggio 2022, sempre alle 9.30, al Castello Bufalini di San Giustino.

Per questo evento ci siamo occupati della gestione della segreteria e di alcune parti della logistica.